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La valle del Berillo, una pietra divinatoria per le antiche civiltà
Esiste una vallata incantata tra Gratteri e Gibilmanna, in località Valle Nasca, al di sopra di una cappella di pietra che il popolo chiama tribbuna grande, per il fatto che, come vuole la leggenda, proprio lì si fermarono a ristorarsi quei buoi che trasportavano su di in un carro, la preziosa effige della Madonna, prima di proseguire sulla via per Gibilmanna. Questo luogo ha suscitato da sempre la curiosità di ricercatori di tesori, tra le ispide cime del massiccio montuoso della Prace, nelle contrade che i pastori nominano Rocca Dinàru (Rocca del Denaro) e Lavanca Vrilli (la Vallata del Berillo). Voci di popolo raccontano di lucenti cristalli incastonati nella roccia, nella parte sovrastante Piano Morto. Sarebbero proprio tali gemme – dette volgarmente di berillo – che sin dall’antichità, hanno reso nota la piccola cittadella madonita, come scriveva già il frate domenicano Tommaso Fazello nel sec. XVI: “Gratterium oppidum Berillo lapide nobile” (Fazelli.Thomae Fazelli, op. cit.).
Il berillo è un minerale della classe dei silicati, noto per le sue varietà di gemme molto pregiate come lo smeraldo e l’acquamarina. D’altro canto però, bisognerebbe accertare se quelle pietre cristalline che si possono ritrovare ancora oggi in contrada Valle Nasca, chiamati dagli antichi “di berillo”, siano davvero tali preziose gemme così tanto desiderate sul mercato.
In realtà, ad onor del vero, da alcuni sopralluoghi effettuati in passato da curiosi avventurieri, si tratterebbe piuttosto di un cristallo di rocca incolore e trasparente, comunemente conosciuto come quarzo ialino, che in natura è possibile trovare in varie forme – pietre grezze, punte e druse – ma di una stima economica meno elevata rispetto al più noto berillo.
Eppure, secondo una antica leggenda, il quarzo ialino sarebbe proprio un diamante non ancora sbocciato usato anche come dono religioso e, pertanto, da custodire gelosamente. Fatta questa considerazione, bisognerebbe comprendere l’effettivo valore che attribuivano a queste pietre nell’antichità, tanto da rendere il borgo di Gratteri rinomato in tutto il territorio madonita.
Nelle antiche civiltà infatti, il quarzo ialino era considerato un minerale dai grandi “poteri”, e un amuleto definito la “pietra del veggente”, per le sue virtù ipnotiche e divinatorie. Sembrerebbe infatti, che questa tipologia di quarzo sia sempre stata conosciuta dai popoli antichi di tutto il mondo come una pietra di auto-guarigione, dai poteri magici e terapeutici, adoperato per la chiaroveggenza e la divinazione tanto che veniva utilizzato nella costruzioni di pendoli, piramidi e sfere di cristallo.
I greci lo chiamavano “ghiaccio chiaro” per il fatto che nemmeno i raggi del sole sarebbero riusciti a farlo sciogliere. Nell’antica Roma poi, era la pietra consacrata a Giunone. Plinio ad esempio, lo considerava apportatore di benessere, attribuendogli proprietà curative. È per questo che i romani lo utilizzavano per guarire da stati febbrili e le sacerdotesse per la preparazione di “pozioni magiche” o durante riti di purificazione (Enciclopedia dell’Arte Medievale di HUGO ERDMANN, 1994 in Treccani.it).
Nella tradizione ebraica poi, il cristallo di rocca fu la gemma della tribù di Zàbulon, e lo adoperavano anche gli Egizi, oltre che presente nelle culture di misteriose civiltà come le leggendarie Atlantide, Lemuria e Mu. Spostandoci nella profonda Africa, alcuni testi dei primi esploratori ci raccontano che alcune tribù utilizzassero quei cristalli per aiutare lo sciamano a passare velocemente da un “mondo” ad un altro (IBIDEM).
Anche i Maya gli attribuivano virtù divinatorie che permetterebbero di conoscere il futuro se tenuto per poco tempo sotto la lingua. Gli orientali infine lo utilizzavano per assorbire le energie negative disperse nell’ambiente dissolvendo le negatività. Fu per questo che quando i crociati lo esportarono in forma di sfere in Europa si divulgò la credenza che fossero strumenti magici, tanto che tempo dopo, furono utilizzate in Irlanda e Scozia per la cura del bestiame o talismani che riuscivano a prevenire ogni incantesimo (Cristallo di rocca: credenze, leggende e poteri in Alchimiadellepietre.it).
Come abbiamo evidenziato, il cristallo di rocca nelle antiche civiltà aveva senz’altro un valore diverso rispetto a quello esclusivamente venale che potremmo attribuirgli ai giorni nostri, legato probabilmente ad una grande potenza energetica purificatrice. Potrebbe essere quest’ultimo dunque, il vero valore di quelle pietre lucenti che, in un lontano passato, rendevano celebre l’antico borgo madonita?
A noi piace pensarlo, soprattutto perché, ancora oggi, non sono pochi coloro che, venendo a Gratteri per la prima volta, sostengono di avvertire una forte carica energetica e una grande pace, che fanno di quel luogo una vera gemma delle Madonie.
Marco Fragale
(Università di Palermo)
Bibliografia:
CRISTILLI ALESSANDRA, Il quarzo ialino detto anche Cristallo di Rocca, 2019 in Il Terzo News – La Testata Romana di Cultura e Società (ilterzonews.it)
Enciclopedia dell’Arte Medievale di HUGO ERDMANN, 1994 in Treccani.it
FAZELLI THOMAE, De rebus Siculis decades duae, Palermo, 1558.
Cristallo di rocca: credenze, leggende e poteri in Alchimiadellepietre.it