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Di sicuro questa è la poesia più conosciuta dai Gratteresi che ve la reciteranno a memoria. Essa rappresenta una descrizione sentita e nostalgica del piccolo borgo madonita di una volta, quando la povera gente conduceva una vita di stenti ma si amava con fraterna semplicità.
Il suo autore è Giuseppe Ganci Battaglia, uno dei più grandi poeti dialettali del 900, che diede lustro al Comune di Gratteri tanto da essere conosciuto come il “poeta delle Madonie“, per quel suo ritorno, specie nei mesi estivi, nella casa paterna.
Quest’ultima, è stata da lui stesso considerata la “fucina della poesia“, luogo di ispirazione dove il Nostro creò i suoi canti più belli, le sue liriche soffuse di dolore e nostalgia ed alcuni dei suoi libri più noti.
Cinquant’anni di intensa attività culturale, letterale e teatrale che vide il poeta di origini gratteresi acclamato dal pubblico che lo apprezzava per quel suo modo genuino di descrivere la realtà. Come poeta dialettale insieme ad Ignazio Buttitta nel 1927 fu condirettore del mensile d’arte ” la Trazzera” (giornale di poesia e folklore) pubblicando un’intera monografia su “Cenni storici e tradizionali del Comune di Gratteri” che il poeta diresse come primo e terzo podestà fascista.