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Les fées du collège et autres femmes étranges
Una superstiziosa credenza popolare alimentata in passato a Gratteri, era quella della straordinaria presenza di spiriti di donne nell’antica struttura religiosa del Collegio, in Via delle Scuole, già ex monastero delle monache di clausura e poi educandato.
Come sostengono alcune tra le più anziane donne, tempi addietro si fantasticava che in tale edificio si percepissero delle strane presenze, chiamate le “Fate”.
Probabilmente poteva trattarsi semplicemente di una storiella nata per spaventare i più piccoli ma, di fatto, tanta gente evitava di prendere da quella strada al buio o vi passava correndo.
Altri intervistati sostenevano anche una presenza di fate e folletti in un’altra abitazione abbandonata sita sopra il bastione di Via Iacuzzi, in passato chiamata Via Cabbubbo, tanto che i genitori sconsigliassero i loro figli di passare da soli da quelle parti.
A tal proposito, qualche anno addietro, la scrittrice gratterese Gina D’Angelo, scriveva: “Le scuole del Comune, dalla prima alla terza elementare sono ospitate al piano terra di un convento medievale, oramai in disuso, da quando vi morì l’ultimo cappuccino, di crepacuore, dicono, per aver visto i beni della Chiesa trafugati dallo Stato.
O, come è verosimile, per colpa delle Fate, uniche inquiline fisse in ogni dimora abbandonata.
I giovani scolari, che nulla sanno di Storia e nulla di Medicina, interpretano gli arabeschi di luce, che le grate del convento disegnano sulla parete di calce, come presenze metafisiche rassicuranti sulla presenza fisica angosciante d’una arcigna maestra.
E s’inventono le fiabe, intrecci suggestivi di Principi e Fate, da raccontarsi dopo nell’orto della scuola, sotto i rami spioventi del grande carrubo” (G. D’Angelo, Fiori di campo, Palermo 2001, p.11).
Elsa Guggino, nota docente di Storia delle Tradizioni popolari dell’Università degli Studi di Palermo, da anni conduce degli studi sull’immaginario magico-religioso siciliano, pubblicando nel 2006 proprio un volume dal titolo “Fate, Sibille e altre strane donne”.
L’esimia antropologa riporta numerose testimonianze di “strane figure femminili di natura extra-umana, credenze siciliane di ascendenza millenaria che si intrecciano al vivere degli uomini, i Donni.
Donni come Dominae, sono spiriti che vagano nell’aere, anime di persone morte che continuano ad aggirarsi o che dimorano stabilmente nei luoghi in cui è stato esalato l’ultimo respiro; la quasi assoluta prevalenza è delle donne (Guggino 2006, p.62).
Di loro Giuseppe Pitrè scriveva: “sono un po’ streghe un po’ fate, senza potersi veramente discernere in che veramente differiscono le une dalle altre” (Pitrè 1889, p.153).
Guggino le classifica in vario modo: “donni di fora (donne di fuori), donni di locu (donne di campagna), patruneddi di casa (padroncine o donne della casa).
“Sono belle, eleganti, amanti della danza, del canto, dei banchetti, ma anche capricciose e volubili. Mostrano una particolare predilezione per i neonati, che segnano frequentemente con piccole trecce.
Giocano con loro, li spostano dalla culla poggiandoli sotto il letto, ma talvolta usano delle cattiverie per fare dei dispetti alle madri.
A volte possono cambiare il bambino con un altro deforme o malaticcio; di un bambino che muore si dice spesso che è stato rapito dalle fate o dalle donne […].
Volano insieme a fate e sibille verso convegni notturni, entrano nelle case portando scompiglio o fortuna (Guggino 2006, pp. 172-173). A tal proposito, anche a Gratteri, si ritrovano presunte testimonianze del genere:
“Una volta ‘gnura ‘Nastasia, che faceva la bidella o Culliegiu, aveva suo figlio piccolo e lo trovava sempre per terra” (Giuseppa Lanza, classe 1922).
Gustav Henningsen considera il culto siciliano delle fate in una prospettiva comparata, con le fate rumene, le Iele, le fate greche, le Neràides e le Janas sarde (Henningsen 1998, pp.52-57).
Bibliografia:
D’Angelo G., Fiori di campo, Palermo 2001.
Guggino E., Fate, sibille e altre strane donne, Palermo 2006.
Henningesen G., Le donne di fuori: Un modello arcaico del sabba, in Archivio Antropologico Mediterraneo, anno I, 1998.