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Gibilmanna
Gibilmanna si trova alle pendici di Pizzo Sant’Angelo a 795 metri s.l.m., all’interno del Parco delle Madonie. Nel luogo si trova il Santuario di Gibilmanna, il museo Fra Giammaria da Tusa, con l’annessa biblioteca, mentre non esistono più il Monastero dei Benedettini fondato da San Gregorio Magno e la chiesetta dedicata a San Michele Arcangelo.
Nei documenti normanni la località è citata con le toponimie “Gibilmagne” e “Zibelmanno” interpretate come corruzione del “Giubileo Magno” relativa alla celebrazione in onore di San Gregorio Magno. Tuttavia, l’uso occidentale del termine “giubileo” sembra risalire ad un periodo di tempo successivo alle prime attestazioni del nome del santuario.
Un’altra possibilità si riferisce al nome latino “jubilum” che significa “gioia“. In realtà il nome sembra essere di origine araba, dalle espressioni “Gebel-El-Man, Gibel-El-Mann o Gibel-El-Mannat, Gibel-El-Iman”, in cui il termine gibel / gebel significa montagna, mentre il secondo termine è interpretato come un divieto, o manna.
“Monte del divieto” potrebbe riferirsi alla vegetazione che rendeva difficile il cammino, oppure al divieto di pellegrinaggi al santuario cristiano da parte degli arabi conquistatori. “Monte della manna”, invece, farebbe riferimento alla presenza di frassini che producono la manna, o ancora “Monte della grazia” (Monte delle Grazie) o dono divino, con riferimento al santuario stesso.
La Leggenda
Secondo la leggenda popolare tramandata da secoli, la bella immagine custodita nel Santuario sarebbe arrivata lì per volontà divina. Si narra che la Vergine fosse apparsa in sogno a un frate cappuccino che invitava ad andare a Roccella a prendere dal mare una preziosa effige. Era il giorno di Pasqua del 1534, quando durante una tempesta, una nave che trasportava una statua della Madonna col Bambino trovò rifugio nel borgo medievale del castello di Roccella.
Il frate cappuccino l’avvolse con una coperta di legno e fece trasportare quella statua su un carro trainato da buoi lasciati liberi. Immediatamente quei buoi, guidati dalla volontà divina, si incamminarono verso le Madonie, e dopo pochi giorni giunsero a Gratteri accolti da una gioiosa popolazione. Hanno continuato, però, facendo una sosta dove ancora oggi è presente una Tribuna chiamata “A Tribbuona Ranni” dai cittadini per distinguerla da una “Tribunedda” più piccola entrambe sulla strada da Gratteri a Gibilmanna.
Dopo essersi riposati, gli animali hanno proseguito il loro viaggio fino a fermarsi definitivamente sul promontorio dove oggi sorge il Santuario di Maria SS. di Gibilmanna. Tuttavia, questa leggenda è confermata dalla storia. Fu proprio nel 1535 che padre Sebastiano Majo da Gratteri, uno dei primi seguaci della riforma cappuccina, si stabilì a Gibilmanna e fondò la chiesa e il convento dei cappuccini.
L’umile Frate visse in povertà e santità tanto che nel 1576, durante una celebrazione di una Messa nella vecchia chiesa, ebbe un’apparizione mistica di Gesù coronato di spine, che lo invitò a dipingerlo come lo vedeva rappresentato. Padre Sebastiano, utilizzando i colori delle piante pestate del territorio. Il dipinto attualmente è esposto al Santuario.
Al convento pare che vi abitasse anche l’Eremita Giuliano de Placia da Misilmeri, la cui cella sembra essere stata collocata nel tronco di un castagno. Il suo nome si legge sull’iscrizione posta sul piedistallo di una venerata statua della Madonna attribuita nell’Ottocento ad Antonello Gagini (“Julianus de Placia de terra Musumeri fieri me fecit” su un lato e “fu fatto in tempore di Presti Miceli Senaturo Chapelano” dall’altro).
All’interno del Santuario si trova anche l’antico Crocifisso ligneo che, secondo la leggenda, parlò a Padre Ivone da Messina che lo invocò dicendo: “Qui governa mia Madre. A lei rivolgi le tue preghiere. A lei“).
La storia del Santuario di Gibilmanna
Situato lungo le pendici del Pozzo D’Angelo, il Santuario di Gibilmanna ha attratto per secoli numerosi pellegrini da tutta la Sicilia. È un luogo che emana spiritualità e che incoraggia le persone a riunirsi e pregare. Il Santuario e l’annesso convento sono il risultato di interventi nel tempo.
Secondo la tradizione, non avvalorata da fonti storiche, il monastero sarebbe stato uno dei sei fondati in Sicilia nel IV secolo da papa Gregorio Magno. Probabilmente fu abbandonato e andò in rovina dopo la dominazione araba. Nel 1535 la chiesa meta di numerosi devoti alla Madonna, fu assegnata ai Cappuccini che ricostruirono alcuni ambienti dell’antico convento.
Il nuovo convento fu costruito tra il 1619 e il 1624. Negli stessi anni fu costruita l’annessa chiesa, più grande di quella antica, per accogliere il crescente numero di pellegrini che si recavano sul luogo per venerare la Vergine Maria. La chiesa, a forma di croce greca, ha subito nel corso dei secoli alcune modifiche, l’ultima, all’inizio del XX secolo, ha interessato la facciata principale che è stata ricostruita in stile neogotico.
Una volta dentro, quello che cattura la nostra attenzione è la cappella della Madonna. Possiamo trovare un imponente altare barocco in marmi misti realizzato da Baldassarre Pampilonia nella seconda metà del XVII secolo. Inizialmente l’opera fu realizzata per la cattedrale di Palermo, ma essendo rimasta nei magazzini, fu messa in vendita e acquistata dai Cappuccini del convento di Gibilmanna nel 1785. L’intero apparato architettonico è ricco di:
- putti;
- angeli;
- pergamene;
- mensole;
- statue;
- una ricchissima trabeazione;
- due colonne tortili.
Al centro dell’altare si trova la pregevole statua della Madonna con Bambino, datata 1534 e attribuita ad Antonello Gagini. Ai lati le due statue di S. Giovanni Battista e S. Elena, datate 1543 circa, attribuite da Gioacchino Di Marzo rispettivamente a Scipione Casella e Fazio Gagini.
Alla base dell’altare si trova il notevole paliotto di marmi misti, ricco di decorazioni architettoniche e floreali. Nell’altare maggiore si trova una tela dell’Assunta e alla base un’interessante teca lignea del 1710, realizzata dallo scultore Pietro Bencivinni da Polizzi Generosa.
L’opera, a struttura piramidale, è ricca di medaglioni, teste angeliche e cartigli con mezzi busti, probabilmente santi cari ai committenti. I primi due livelli sono movimentati da una serie di nicchie, separate da colonne, con santi tra cui: l’Immacolata Concezione, al centro, San Bartolomeo e Santa Chiara, ai lati San Francesco e Sant’Antonio da Padova, in basso. Più recente è la porticina del tabernacolo, frutto di un intervento del 1915.
All’uscita della chiesa troviamo il museo e l’annessa biblioteca che si trovano nei locali del convento un tempo adibiti a stalle, magazzino e fucina, accuratamente restaurati negli ultimi anni del Novecento. Il museo è suddiviso in 10 sale e raccoglie opere d’arte che provengono dai conventi dei Cappuccini di Castelbuono, Pettineo, Tusa, Geraci Siculo.
Sono esposti paramenti sacri finemente ricamati, veri capolavori dell’arte siciliana; dipinti tra cui un polittico a sei scomparti del XVII secolo di Fra Feliciano da Messina, detto “il Raffaello dei Cappucini“; opere lignee, tra cui due interessanti statue lignee policrome del XVI secolo raffiguranti la Madonna e San Giuseppe, probabilmente gli unici pezzi superstiti di un presepe; statuette di cera; ex voto; una interessante statuetta della Pietà, attribuita allo scultore Jacopo del Duca da Cefalù, collaboratore di Michelangelo; una palude di organo a canne del XVII secolo, unico esempio in Europa secondo gli studiosi. C’è anche una ricca sezione antropologica dove è possibile raccogliere gli strumenti di lavoro dei Cappuccini.
Accanto al museo c’è la biblioteca, preziosa per la sua qualità. Sono presenti diversi incunaboli, testi cinquecenteschi e seicenteschi e settecenteschi, molti dei quali rari. Meritano infine una visita le catacombe seicentesche nei sotterranei della chiesa. Qui, all’interno di 34 nicchie, ormai prive dei corpi imbalsamati dei religiosi, perché in cattivo stato di conservazione sono stati ricomposti in un ossario, sono esposti interessanti reliquiari, anche se realizzati con materiali “poveri”, lo testimoniano alla grande devozione e creatività dei cappuccini.
Piana delle Fate/Pianetti
L’area pic-nic Pianetti si trova sulla strada che da Gratteri porta a Gibilmanna. Dopo circa 5 km, al bivio della “Piana delle fate”, troverete un’ampia radura tra boschi di roverella e peri selvatici. Non è distante dalla costa e dalle spiagge di Cefalù e per questo è anche una bella meta “alternativa” in quelle giornate estive particolarmente afose, anche per chi soggiorna al mare. Numerosi sono i sentieri che si diramano dalla pianura e conducono alle vette circostanti. I boschi sono anche ricchi di frutta e funghi.