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La leggenda del Santo Graal: quel calice che ricercava Hitler nel sito dell’Abbazia di San Giorgio
Cosa ci potrebbe essere di veritiero nei racconti di alcuni vecchi abitanti di Gratteri che sostenevano che dei soldati nazisti, durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, fossero stati inviati da Hitler in persona a scavare presso l’Abbazia di San Giorgio alla ricerca di una potente reliquia?
Quale potrebbe essere il nesso tra il Nazismo e i ruderi di un medievale cenobio ormai abbandonato nel bosco di Gratteri? Sulla veridicità dell’avvenimento si potrebbe anche dubitare, tuttavia, non è un fatto insaputo che proprio il Fuhrer fosse estremamente appassionato di esoterismo e avesse fatto mettere a soqquadro castelli francesi e monasteri cistercensi alla continua ricerca di preziose e potenti reliquie medievali come il sacro Graal. Ma perché un regime che mirava anche a sostituirsi al Cristianesimo cercò con tanta tenacia la coppa da cui bevve Cristo durante l’ultima cena?
Secondo alcune tradizioni il Graal sarebbe una coppa sacra fatta con uno smeraldo appartenente al diadema di Lucifero, diviso poi in 144 facce. Il Graal era, però, anche il calice che usò Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue di Cristo, trafitto dalla lancia di Longino, che per gli esoteristi di Himmler non fu altro che uno dei rappresentanti della scomparsa razza ariana. Insomma, secondo i nazisti Gesù era ariano (CERINOTTI ANGELA, La leggenda del Graal. Tra mistero e realtà, Giunti Editore, Milano, 2020).
Come sostiene la scrittrice Antonella Fiori, la ricerca del sacro Graal da parte dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale è un fatto storico. I leader del Terzo Reich, Hitler, Himmler volevano trovare le reliquie di Cristo: erano convinti che possederle avesse una valenza mistica. Oltre che un modo propagandistico per legittimare il loro potere, la loro politica (FIORI ANTONELLA, Il Sacro Graal del potere dalla Palestina a Hitler, 2016).
Pertanto, in questo misterioso viaggio ci serviremo di un attento studio condotto da una giovane e appassionata scrittrice di thriller storici, Laura Ptzalis, che ha girato l’Europa e l’Italia alla ricerca delle ultime leggende sull’attuale natura e collocazione del Santo Graal spiegando il motivo per il quale Adolf Hitler fosse stato alla continua ricerca di questa potentissima reliquia chiamata Graal (PTZALIS LAURA, “Il sacro Graal tra leggenda e realtà. La magia occulta del terzo Reich”, 2019).
Anche in Germania le versioni della leggenda del Santo Graal sono numerose, ed è proprio in questa nazione che la ricerca del Santo Graal si lega alla figura di Adolf Hitler. Fin da ragazzo Hitler era affascinato dai riti e dalle cerimonie sacre e la sua giovinezza risentì dell’influenza di molti medium e studiosi nell’occulto che abitavano la città di Braunau dove era nato, e si racconta che anche il futuro capo del nazismo possedesse poteri medianici che lo assalivano nel momento della sua più forte tensione nervosa.
La preveggenza di Hitler sorprendeva i suoi collaboratori tanto da mutare la loro fedeltà verso il Führer in fanatismo. Hitler, per esempio, predisse l’esatta data dell’entrata delle truppe tedesche a Parigi, annunciò la data di morte di F. Roosevelt e predisse la data dell’arrivo a Bordeaux dei violatori del blocco navale. Ma le previsioni esatte di Hitler non si limitarono comunque solo alla politica, ma anche alla vita quotidiana.
Il mistero del Santo Graal, il sacro calice che gli studiosi esoterici nazisti del tempo mutarono in “Sang Raal” (sangue reale), cioè sangue di Cristo crocifisso raccolto nella coppa e portato in Francia e poi in Bretagna da Giuseppe d’Arimatea, lo affascinò e l’ossessionò per tutta la vita.
Si diceva che nessuno poteva porsi alla ricerca del Santo Graal se non fosse stato un cavaliere puro e casto, come Galaad figlio di Lancillotto. Ma anche questi, considerato il più generoso e valoroso cavaliere della corte di Re Artù, a causa dei rapporti adulterini che ebbe con Ginevra moglie del Re, non fu più degno di porsi alla ricerca del Santo Graal.
La ricerca del Santo Graal era dunque vietata ai peccatori ed Hitler, considerandosi invece degno per la sua vita vegetariana, di celibe, si pose alla sua ricerca credendo egli, medium e studioso di occultismo dotato di energie misteriose, di potervi riuscire. Diramò così l’ordine a tutti i suoi collaboratori affinché si procedesse alla ricerca. Ma anch’egli, che credeva di potere assurgere nel mondo a vendicatore di Cristo, fallì e così la leggenda del Santo Graal rimane tuttora avvolta nel mistero.
La ricerca di Otto Rahn
A capo delle ricerche del Graal fu posto il colonnello Otto Rahn. Costretto ad arruolarsi nei ranghi dell SS, Rahn iniziò le sue ricerche dai Pirenei, in Francia, e precisamente a Montsegur, famosa per essere considerata l’ultimavera roccaforte Catara. Era forte la convinzione che il popolo cataro fosse legato alla razza ariana.
Smantellò completamente il castello. Niente venne risparmiato, pavimenti, soffitti, scavò anche nei terreni limitrofi, ma del Graal nessuna traccia. Rahn venne successivamente accusato di omosessualità. Degradato nel 1937, fu costretto a trasferirsi al campo di concentramento di Dachau.
Le terribili azioni dei nazisti di cui fu testimone lo segnarono nel profondo e personalmente. A differenza degli altri ufficiali SS, Rahn non presentò mai un certificato di origini ariane, in quanto in parte ebreo da parte di madre. Nel 1938 Rahn si dimise dalle SS e il 13 marzo 1939, venne trovato morto in circostanze misteriose, congelato sul fianco di una montagna vicion a Söll, nel Tirolo austriaco. La morte di Rahn non fermò, tuttavia, le ricerche del Graal.
Il finto Graal donato a Hitler
Contemporaneamente all’avanzata nazista nell’est Europa, squadre di archeologi cercarono invano artefatti magici da inviare al Führer. In seguito alle infruttuose cacce al tesoro naziste, l’industriale Albert Pietzsch, amico di Hitler, fabbricò una copia del Graal da donare al dittatore. Ovviamente non disse mai ad Hitler la vera natura della coppa, portandosi il segreto nella tomba.
Le tracce del finto calice si perdettero nella confusione della guerra, sino a quando venne gettato nel lago Chiemsee, in Germania, da alcuni ufficiali intenti a nascondere le nefandezze del regime. Curiosamente il finto Graal venne recuperato dal lago e, nel 2001, e venduto ad una ricca signora, per poco più di un milione di euro, da un commerciante di oggetti d’arte di San Gallo. Ovviamente la signora pensava di entrare in possesso di una fonte di vita eterna.
San Giorgio in Gratteri: la prima fondazione cistercense di Sicilia?
La leggenda del Sacro Graal è da sempre stata accostata ai Cavalieri Templari che traggono ispirazione dall’ordine dei monaci Cistercensi e alla loro figura più rappresentativa, Bernardo di Chiaravalle. L’origine dell’ordine monastico militare dei Templari risale agli anni 1118-1120, successivamente alla prima crociata (1096), quando la maggior parte dei cavalieri era tornata in Europa e le esigue milizie cristiane rimaste erano arroccate nei pochi centri abitati (Vedasi DEMURGER ALAIN, op. cit.).
Le strade della Terrasanta erano quindi infestate da predoni e Ugo di Payns, originario dell’omonima cittadina francese della Champagne, insieme al suo compagno d’armi Goffredo di Saint-Omer e ad altri cavalieri, fondarono il nucleo originario dei Templari, dandosi il compito di assicurare l’incolumità dei numerosi pellegrini europei che visitavano Gerusalemme dopo la sua conquista.
L’ordine venne ufficializzato, il 29 marzo 1139, dalla bolla Omne Datum Optimum di Innocenzo II che sancì ufficialmente il loro ruolo di difensori della cristianità e li sottrasse all’autorità del patriarca di Gerusalemme, sede della casa madre e dei vescovi, ponendoli sotto la diretta autorità del pontefice (Vedasi CARDINI FRANCO, op. cit.).
In quel periodo la figura di Bernardo di Chiaravalle costituì l’anello di congiunzione tra i monaci Cistercensi ed i Templari, sostenendo e facendo riconoscere da tutti come legittimo successore di Pietro, papa Innocenzo, al quale era stato contrapposto Anacleto, appoggiato invece da Ruggero II d’Altavilla. Il 22 di luglio dello stesso anno, il pontefice – dopo essere caduto prigioniero in un agguato e condotto nel castello di Galluccio – riconobbe ufficialmente Ruggero come re di Sicilia, duca di Puglia e Calabria (Vedasi CARDINI FRANCO, MONTESANO MARINA, op. cit.).
E fu proprio in quegli anni – in uno scenario di pace da ricostruire tra le due massime autorità – che trova collocazione la fondazione del priorato di San Giorgio in Gratteri, intorno al 1140, per opera dello stesso duca Ruggero (figlio di Ruggero II), come si evince da un diploma di Tancredi del 1191 (ROLLUS RUBEUS, op. cit.).
Altri particolari interessanti vengono fuori anche da un altro documento significativo, il diploma di Lucio III del 1182 che permette di stabilire come in quella data si erano già insediati nel sito dei canonici dell’ordine francese dei Premostratensi, che in Sicilia ebbero la loro unica dimora (IBIDEM).
Tuttavia, considerate le caratteristiche strutturali dell’edificio, alcuni studiosi, come lo stesso Backmund, canonico premostratense (BACKMUND NORBERT, op. cit., pp. 374-396) arrivano ad ipotizzare una originaria fondazione cistercense, che precederebbe, per un breve periodo, la presenza dell’ordine dei norbertini (CAPITUMMINO FRANCESCO, op. cit., pp. 32-51).
Tale supposizione potrebbe essere suffragata anche da un simbolico riconoscimento che Innocenzo II avrebbe potuto conferire a Bernardo di Chiaravalle e ai suoi monaci, per essere sempre stati al suo fianco nella lotta contro Anacleto. Ecco perché si supporrebbe quella di Gratteri come la prima fondazione cistercense nel regno di Sicilia. Se così fosse, essa potrebbe rientrare nel raggio d’interesse di tutti quegli appassionati medievalisti, come fu lo stesso Hitler, che, sulle orme dei Templari, hanno scandagliato tante di quelle abbazie cistercensi alla ricerca della preziosa reliquia.
Ad ogni modo, in passato, purtroppo, la chiesa, ridotta ormai a rudere, fu sottoposta a scavi inopinati da parte di diversi avventurieri e semplici curiosi alla ricerca di fantasiosi e leggendari tesori nascosti che hanno contribuito alla profanazione di tombe e alla distruzione della pavimentazione di uno dei più significativi monumenti del periodo normanno in Sicilia.
Marco Fragale
(Università di Palermo)
Bibliografia:
BACKMUND NOBERT, Monasticon Praemostratense, vol. I, Strabing 1951, pp. 374-396
BARBER MALCOLM, La storia dei templari, traduzione di Mirco Scaccabarozzi, Piemme, 2003
BAUER MARTIN, Il mistero dei Templari, Universale storica Newton, Newton & Compton, 2005
CARDINI FRANCO, I templari, Giunti, 2011
CERINOTTI ANGELA, La leggenda del Graal. Tra mistero e realtà, Giunti Editore, Milano, 2020
DEMURGER ALAIN, Vita e morte dell’Ordine dei Templari, Garzanti, 1987
FIORI ANTONELLA, Il Sacro Graal del potere dalla Palestina a Hitler, in metronews.it, novembre 2016
GALLI GIORGIO, Hitler e il nazismo magico, Bur Rizzoli, 2005
MANGLAVITI LUIGI, Dossier Templari Graal, LM, 2008
MARILLIER BERNARD, I Templari, Torino, Edizioni l’Età dell’Acquario, 2000
PARTNER PETER, I Templari, Torino, Einaudi, 1991,
PITZALIS LAURA, Il sacro Graal tra leggenda e realtà. La magia occulta del terzo Reich, 2019
RALLS KAREN, I Templari e il Graal, Edizioni Mediterranee, 2004
SELVAGGIO MARIA PIA, Ai Templari il Settimo libro, Firenze, Pubbliedi-Si-RaiEri, 2011
TOMBETTI PIERLUIGI, L’enigma occulto di Hitler. Il Terzo Reich e il Nuovo Ordine Mondiale, Arkadia, 2013
www.thrillerstoriciedintorni.it