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Le reliquie di Gerusalemme e la crudele morte del vescovo di Cefalù nel carcere di Gratteri
La leggenda delle sante spine consegnate da un angelo ad un agricoltore.
“Esiste una popolare leggenda,
di un angelo dalle sembianze di cavaliere,
che durante un periodo difficoltoso,
affidò uno scrigno ad un povero agricoltore,
sulla via per San Giorgio,
dove venne edificata la chiesetta del Crocifisso.
Un forziere arrivato con una nave sbarcata a Roccella
con delle sante reliquie dai poteri miracolosi:
le Sacre Spine della corona di Cristo,
una scheggia del legno della Croce,
un frammento del mantello insanguinato di Gesù
e del velo di Maria.
Questo straniero pronunciò anche un passo da far incidere sull’altare a perenne memoria
“Tuere nobile Gratterium” (Proteggere la celebre cittadella di Gratteri)”.
Nessuno ne capì il significato che sarebbe stato svelato
soltanto in occasione di futura pestilenza”.
(Da “Gratteri da Crater, coppa Graal: grezzo diamante nella concava roccia” di Marco Fragale)
Dal punto di vista religioso Gratteri detiene un tesoro d’inestimabile valore: all’interno della Chiesa Madre in una cappella laterale sono custodite in un sontuoso altare con grada di ferro delle preziose reliquie giunte da Gerusalemme. Una di questa è particolarmente venerata dalla popolazione gratterese fin dal Medioevo.
In un prezioso reliquario d’argento sono infatti custodite quattro delle spine (di cui una spezzata) che si presume appartenessero alla corona di Gesù Cristo. Secondo storici di indubbia fama, come il Fazello, il Pirri, il Passafiume e altri, esse hanno avuto a Gratteri culto e particolare devozione fin dai tempi della dominazione Normanna (Già in SCELSI ISIDORO, op. cit.).
Dal Passafiume leggiamo:
“La maggior chiesa è consacrata a S. Michele Arcangelo e vi si venerano molte reliquie. Fra queste, in modo particolare, ci si venerano:
- Una parte del legno della Santa Croce;
- Tre Spine della Corona del Signore intere e non diminuite, bagnate dal sangue di Nostro Signore;
- Un pezzettino della sua veste inconsutile;
- Una parte, e questa si distingue tra le altre reliquie, del manto, macchiato di alcune macchie di sangue, del quale fu rivestito Nostro Signore durante la Passione, quando lo condussero via dalla colonna della flagellazione.
Queste sante reliquie sono tutte quante conservate religiosamente in reliquiari d’argento. Poste, poi, in un reliquiario di cristallo sono anche, per la venerazione dei fedeli, molte reliquie di santi, molte delle quali, in segno di benevolenza del servo di Dio, il vescovo Gonzaga, sono state messe a disposizione, perché ne facesse il pio uso che volesse, dall’illustrissimo don Pietro Ventimiglia, barone di Gratteri e di S. Stefano di Quisquina, quella che si trova nei presi di Bivona” (PASSAFIUME BENEDETTO, op. cit., p. 54, trad. MARCHESE ANTONIO).
Le “Sacre Insignes Reliquiae”, di cui parla il Passafiume, sono quelle già ricordate dal Pirri nella sua breve notitia su Gratteri: “aedes Paroch. S. Michaelis, cuius proventus vix unc. 4 sacelli SS. Sacramenti unc. 8.23 eius societatis unc. 3.21 praecipuis exornatur SS. Reliquiis scilicet Spinis Corona domini, dente molari S. Annae, costula S. Jacobi Apostoli, etc.” (PIRRI ROCCO, op. cit. II, p. 839).
Esse, come è stato sopra detto dallo storico cefaludese, furono donate alla chiesa di S. Michele Arcangelo dal munifico don Pietro Ventimiglia che, dal 1575 agli anni ’90 di quel secolo, fu barone di Gratteri, e che in parte le ricevette dal frate minore fra Francesco Gonzaga, vescovo di Cefalù dal 1587 al 1595 in benevolentiae signum.
Una delle benemerenze di don Pietro Ventimiglia (che così viene ricordato nella lapide posta in S. Maria di Gesù sul suo sepolcro e su quello della famiglia: AC PETRI II FRATRIS SUI COLLESANI COMITIS, AC / CRATER, AC S. STEPH. DOMINI UXORI…) è legata, senza dubbio, al munifico dono fatto alla chiesa di S. Michele Arcangelo, delle Spine che egli, assieme ad altre reliquie, ricevette in dono dal vescovo di Cefalù.
Tuttavia, vuole la tradizione che le Spine che si venerano a Gratteri fossero state portate in occidente dal conte di Sicilia, Ruggero d’Altavilla, che con il padre Tancredi prese parte alla prima crociata (1096-99) e che fossero state donate alla sua chiesa prediletta, che era appunto la cattedrale di Cefalù. Così afferma Carandino, sacerdote e storico vissuto a Cefalù intorno al 1570, una generazione prima che nascesse il Passafiume, e che ebbe modo, quindi, di vedere tali sante reliquie.
Egli anzi aggiunge che “di esse tre furono in seguito derubate e trasportate nella terra di Gratteri dove se ne aggiunse una quarta, non intera, regalata nell’anno 1580 al barone di Gratteri, don Pietro Ventimiglia, dall’allora vescovo di Cefalù, Francesco Gonzaga” (CARANDINO BARTOLOMEO, op. cit.).
Lo storico cefaludese Nicola Imbraguglio si è interrogato sul “mistero” della spina spezzata, e di come il Vescovo di Cefalù Gonzaga, potesse aver regalato a don Pietro, parte di una spina della Cattedrale di Cefalù, visto che il Ventimiglia ne era già in possesso di altre tre (IMBRAGUGLIO NICOLA, Cose e Storie di Gratteri: Il Mistero delle Spine della corona di Cristo razziate a Cefalù o regalate dal vescovo? Il Giornale di Sicilia, 19 aprile 1988).
In realtà, la vicenda appare ancora molto intrigata e legata probabilmente all’oscura vicenda del vescovo di Cefalù, Nicolò de Burellis che venne preso da “quidam potentiores nobilioresque viri” carcerato e fatto morire nel castello di Gratteri (1359) per aver difeso energicamente i beni della chiesa cattedrale e in particolare il caricatoio frumentario di Roccella (PIRRI ROCCO, op. cit., p. 809).
Secondo il Passafiume, il suo corpo venne ritrovato privo di vita in ginocchio e con gli occhi al cielo. Così, sparsasi la funesta notizia della morte del vescovo di Cefalù, tutto il Clero ed una gran folla di popolo da Cefalù si recò a Gratteri per prelevare il cadavere che con gran pompa fu traslato a Cefalù.
«Nicolò, uomo molto pio e in fama di santità, fu assunto alla chiesa di Cefalù sotto il sommo pontefice Innocenzo VI, ed essa egli guidò con straordinario zelo, come dimostra il fatto che ne fu acerrimo difensore e per lei ebbe a subire diverse traversie, specialmente perché non volle acconsentire alla alienazione della Roccella e per questo, vessato da afflizioni nelle carceri fuori di Cefalù, dopo un irreprensibile ministero pastorale si addormentò nel sonno di una santa morte. Ma ritrovato genuflesso con la faccia rivolta verso il cielo, venne trasferito e sepolto presso il seggio vescovile nel coro della cattedrale, dove rimase fino al 1642, quando il vescovo Corsetto curò che fossero esumate le ossa del suo scheletro, che fece conservare nella sacrestia. (Nicolò) resse la Chiesa, munendola di santissimi esempi per 17 anni» (PASSAFIUME B., op. cit.).
Nel 1384 poi, Francesco II ed Antonio Ventimiglia, signori di Gratteri, violarono e derubarono la cattedrale di Cefalù trafugando tra l’altro un preziosissimo reliquiario contenente spine della corona del Signore donate al duomo dal re Ruggero (VALENZIANO C., Introduzione alla Basilica Cattedrale di Cefalù, Cefalù 1981, p. 94 già in DI FRANCESCA, p. 15).
Come osserva Terregino, in quel periodo il barone che spadroneggiava a Gratteri era Francesco II Ventimiglia. Egli, oltre che barone di Gratteri, Conte di Collesano e sesto conte di Geraci, dopo la morte del fratello Emanuele che di questa contea era stato, come primogenito di Francesco I, il titolare, era anche Gran Camerario del Regno di Sicilia e sarebbe diventato Vicario del Regno medesimo nel 1377 (TERREGINO GIUSEPPE, Il Barone usurpatore e il Vescovo santo, in gratteri.org, aprile 2018).
Nel 1648 poi, il barone don Lorenzo Ventimiglia e la consorte Maria Filangeri fecero erigere a loro spese, in onore delle Sante Spine, un sontuoso altare in marmo ed una robusta custodia in ferro che fu collocata nella loro cappella privata, all’interno della Madrice Vecchia che nel 1873 furono divelte e portate alla Nuova.
Ai lati della custodia erano sistemati due angeli (sfortunatamente non pervenutici), uno dei quali recava il blasone di Gratteri, raffigurante una colomba che beve in una fonte, con intorno la scritta: “Tuere Nobile Gratterium”.
Ancora oggi, all’interno di questa custodia in ferro battuto si conservano delle sante reliquie: quattro spine della Corona di Cristo; un frammento del legno della Croce; un ritaglio della clamide di cui Cristo fu vestito durante la flagellazione e una reliquia di San Giacomo, consistente in un osso del costato (Vedasi ANSELMO SALVATORE, MARGIOTTA ROSALIA, op. cit.).
Sovrimpresso nella custodia si legge:
“MARMORE SUB GELIDO PATIENTIE SPICULA AMORIS HIC CRUX, HIC SPINEE PURPURA VESTIS ADEST”.
LORENZO VENTIMIGLI E MARIA FILANGERI CONTI DI COLLESANO E BARONI DI GRATTERI E S. STEFANO. 1684
Fin a pochi anni fa i Gratteresi, in occasione di calamità naturali come vento di scirocco e siccità, esponevano ancora le Sante Spine affinché il Signore facesse cessare tali flagelli. Al suono della campana della Chiesa Madre (denominata per l’appunto delle SS. Spine), il parroco esponeva ai fedeli il reliquiario d’argento e impartiva la santa benedizione.
In passato, le chiavi delle Sacre Spine erano conservate direttamente dall’arcivescovo di Palermo e bisognava mandarle a richiedere. Si dice che appena la teca uscisse fuori dalla chiesa, il Signore o faceva cessare la pioggia, se ve n’era caduta abbondante, o la faceva venire più copiosa, se ve n’era bisogno” (GANCI BATTAGLIA GIUSEPPE, op. cit., pag.36).
Tuttavia, sono diverse le leggende popolari raccolte negli anni tra i più vecchi abitanti di Gratteri che riportano racconti leggendari tramandati da generazioni. Una di queste narra di un angelo, dalle sembianze di cavaliere, che durante un periodo difficoltoso, consegnò uno scrigno con delle preziose reliquie ad un povero agricoltore sulla via di San Giorgio. Un forziere con delle sante reliquie dai poteri miracolosi arrivato con una nave sbarcata a Roccella.
Questo straniero prima di scomparire pronunciò un passo in latino da far incidere sull’altare a perenne memoria. Subito si gridò al miracolo. Per commemorare l’evento, venne eretta, in tale contrada, una piccola chiesetta dedicata al Crocifisso costruita sopra un altare reliquiario nella roccia impreziosito da un palio crociato (Giacomo Lanza, classe 1909, intervista 1995; Giuseppe Cirincione, classe 1918, intervista 2015).
I poveri contadini non capirono il significato di tali parole interpretando quella formula latina in maniera fuorviante – “Gratteri tu eri nobile” – alludendo probabilmente ad un glorioso passato per attenuare la tristezza dello stato presente. In realtà, come ha sottolineato Giuseppe Terregino, il significato letterale di tale espressione sarebbe la seguente: “Proteggi il rinomato (oppido) di Gratteri” (Vedasi TERREGINO GIUSEPPE, Nobile Gratterium tuere, in gratteri.org, aprile 2020). Ma da cosa e perché si esortava di proteggere quella celebre fortezza e baronia dei Ventimiglia?
Ad ogni modo, furono diversi i forestieri che in passato cercarono di trafugare il prezioso tesoro ma si racconta, che questi vennero travolti da un vento impetuoso e andarono incontro ad orrende maledizioni fino alla loro settima generazione, “a settima jnì” (Giuseppe Cirincione, classe 1918, intervista 2015). Una di queste leggende viene riportata da Giuseppe Ganci Battaglia, poeta delle Madonie, e da un altro storico locale, Isidoro Scelsi che la chiama il “miracolo del vento”:
Si racconta che verso il 1400, un sabato notte, due ignoti forestieri, si siano introdotti furtivamente nella Matrice vecchia ed abbiano sottratto la teca contenente le SS. Spine. Commesso il furto sacrilego e dopo aver superato le balze dietro la Chiesa, nel “Cozzo della Scala”, da dove stavano per imboccare la strada che conduce a Collesano, un impetuoso vento di scirocco li costrinse a buttarsi per terra per evitare di essere sbattuti contro gli orridi precipizi adiacenti.
E così, avvinghiati l’uno all’altro, passarono la notte, costretti alla totale immobilità a causa del vento. In questa posizione furono trovati la mattina seguente di buon’ora dai contadini che si recavano in campagna. I due malcapitati si meravigliarono come mai quei paesani non sentissero il vento che infuriava mentre essi ne sentivano tutta la sua orrenda forza.
Avvicinatosi per sollevarli da terra, i contadini notarono che sotto la giacca di uno dei forestieri c’era un ingombro. Riconosciuta la teca preziosa, gliela tolsero per riportarla in Chiesa. Come per incanto il vento cessò immediatamente, agevolando i due ladri a svignarsela verso il loro paese. Era la prima domenica di maggio (SCELSI ISIDORO, op. cit., p. 112).
Secondo lo stesso Scelsi, tale avvenimento potrebbe considerarsi realmente accaduto sia perché la festività delle Sante Spine si celebra ancora oggi in quella data sia perché a partire dal 1387 e fino a pochi anni addietro, ogni qualvolta imperversava il vento di scirocco, la popolazione gratterese si recava in chiesa per chiedere l’esposizione delle SS. Spine (IBIDEM).
Ad ogni modo, all’interno della chiesa Madre sotto il titolo di San Michele Arcangelo vengono ancora oggi custodite delle preziose reliquie di Gerusalemme che costituiscono il tesoro delle chiese di Gratteri: le Sacre Spine della Corona di Cristo; una scheggia del legno della Croce; un ritaglio della clamide insanguinata di Cristo; un lembo del velo di Maria; un osso del costato di San Giacomo Apostolo, un reliquiario di San Giovanni Battista, una reliquia di San Gandolfo, patrono di Polizzi ed altre sante reliquie e preziosi tesori già citati in diversi documenti d’archivio del passato (Vedasi ANSELMO SALVATORE, MARGIOTTA ROSALIA, op. cit.).
Marco Fragale
(Università di Palermo)
Bibliografia:
ANSELMO SALVATORE, MARGIOTTA ROSALIA, I Tesori delle chiese di Gratteri, Salvatore Sciascia Editore, Palermo, 2005
BIANCA ALESSANDRO, Manoscritto che si conserva in casa Serio a Cefalù
CARANDINO BARTOLOMEO, Descriptio Ecclesiae Cephaledanae, Mantova 1592
FRAGALE MARCO, tesi di laurea in Lettere Moderne: Il ciclo dell’anno a Gratteri. Aspetti devozionali e significato antropologico. Università degli Studi di Palermo – A.A. 2006/07
GANCI BATTAGLIA GIUSEPPE, Cenni storici e tradizionali del Comune di Gratteri – Ed. La Trazzera, Palermo 1930
IMBRAGUGLIO NICOLA, Cose e Storie di Gratteri: Il Mistero delle Spine della corona di Cristo razziate a Cefalù o regalate dal vescovo? Il Giornale di Sicilia, 19 aprile 1988.
PASSAFIUME BENEDETTO, De origine ecclesiae cephaleditanae, Venezia, 1645
PIRRI ROCCO, Sicilia Sacra, Palermo, 1733
SCELSI ISIDORO, Gratteri. Storia, cultura e tradizioni, Palermo 1981 rist. Tip. Valenziano, Cefalù, 2008
TERREGINO GIUSEPPE, Il Barone usurpatore e il Vescovo santo, in gratteri.org, aprile 2018
TERREGINO GIUSEPPE, Nobile Gratterium tuere, in gratteri.org, aprile 2020